Lontanissime dal pensare, come nella celeberrima canzone, che le pareti si trasformino in alberi, le supermamme riflettono però sulle stesse.
Certo le guardano e vedono che sono da ritinteggiare, soprattutto in alcuni punti, dove scarpate, striscioni, colpi di matita colorata o pezzi di nastro adesivo le hanno gravemente compromesse.
Certo altre volte procedono armate di pennelloni, giornali vecchi, tintura e quelle pareti le dipingono pure, azzardando anche colori vivaci e scoprendo un'energia inaspettata (oltre che dolori muscolari il giorno dopo e strane meches il giorno stesso).
Certo a volte vorrebbero che quelle pareti fossero più spesse, imbottite, isolate acusticamente per non rischiare di venire arrestate dopo la denuncia dei vicini a seguito di urla disumane provenienti da ranocchietti in fasce, bambinetti in preda a crisi isterica davanti alle sottrazioni o adolescenti rivendicanti i loro diritti.
Ma in uno strano ripiegamento interiore le supermamme vorrebbero che le pareti trasudassero suoni, voci, immagini, odori.
Le pareti, che ferme negli anni sono state testimoni della loro avventura di donne e mamme, conoscono a memoria gesti e parole.
Hanno visto giorno dopo giorno le supermamme nutrire i loro piccoli sin dai primi liquidi tentativi sbrodolati giù per il collo inutilmente protetto da bavaglioli cerati e gommati.
Hanno visto strisciare per terra mamme e papà dalle camerette, stanchi e speranzosi che il loro “angioletto” si fosse finalmente addormentato.
Hanno visto quegli stessi genitori amoreggiare furtivi in una rara pausa dai figli, magari proprio sullo stesso tappeto su cui prima erano sparse costruzioni e animaletti.
Hanno sentito dolci ninnananne provenienti dal passato o recentemente inventate e subito entrate nella top ten.
Hanno sentito sussurri di consolazione, grida di rabbia poi pentita, richieste di scuse, incoraggiamenti, richieste di ordine (le supermamme), aiuto (le supermamme e i figli), permessi (i figli).
Le pareti sono lì silenziose, bianche, colorate, coperte di nuvole, di arche di noè, di cornicette buffe o leziose, di fiori giganti, di farfalle, di figure psichedeliche, ma non mostrano che pochi segni della loro lunga esistenza, al massimo una zanzara spalmata o uno schizzo di sugo. Non si trasformano in magici pannelli su cui poter riproiettare spezzoni dimenticati dei film delle nostre vite. E così le supermamme ripiegano nel ricordo. E forse è meglio così.
Certo le guardano e vedono che sono da ritinteggiare, soprattutto in alcuni punti, dove scarpate, striscioni, colpi di matita colorata o pezzi di nastro adesivo le hanno gravemente compromesse.
Certo altre volte procedono armate di pennelloni, giornali vecchi, tintura e quelle pareti le dipingono pure, azzardando anche colori vivaci e scoprendo un'energia inaspettata (oltre che dolori muscolari il giorno dopo e strane meches il giorno stesso).
Certo a volte vorrebbero che quelle pareti fossero più spesse, imbottite, isolate acusticamente per non rischiare di venire arrestate dopo la denuncia dei vicini a seguito di urla disumane provenienti da ranocchietti in fasce, bambinetti in preda a crisi isterica davanti alle sottrazioni o adolescenti rivendicanti i loro diritti.
Ma in uno strano ripiegamento interiore le supermamme vorrebbero che le pareti trasudassero suoni, voci, immagini, odori.
Le pareti, che ferme negli anni sono state testimoni della loro avventura di donne e mamme, conoscono a memoria gesti e parole.
Hanno visto giorno dopo giorno le supermamme nutrire i loro piccoli sin dai primi liquidi tentativi sbrodolati giù per il collo inutilmente protetto da bavaglioli cerati e gommati.
Hanno visto strisciare per terra mamme e papà dalle camerette, stanchi e speranzosi che il loro “angioletto” si fosse finalmente addormentato.
Hanno visto quegli stessi genitori amoreggiare furtivi in una rara pausa dai figli, magari proprio sullo stesso tappeto su cui prima erano sparse costruzioni e animaletti.
Hanno sentito dolci ninnananne provenienti dal passato o recentemente inventate e subito entrate nella top ten.
Hanno sentito sussurri di consolazione, grida di rabbia poi pentita, richieste di scuse, incoraggiamenti, richieste di ordine (le supermamme), aiuto (le supermamme e i figli), permessi (i figli).
Le pareti sono lì silenziose, bianche, colorate, coperte di nuvole, di arche di noè, di cornicette buffe o leziose, di fiori giganti, di farfalle, di figure psichedeliche, ma non mostrano che pochi segni della loro lunga esistenza, al massimo una zanzara spalmata o uno schizzo di sugo. Non si trasformano in magici pannelli su cui poter riproiettare spezzoni dimenticati dei film delle nostre vite. E così le supermamme ripiegano nel ricordo. E forse è meglio così.
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