Qualcuno
fa fatica ad elencare la lista della spesa, è quasi fisicamente difficile che
dal lapis esca qualcosa di sensato; poi ora, con sms e appunti veloci digitali,
la scrittura assume altre nuove inesplorate forme.
Ma,
lungi dal voler fare della sociologia senza elementi scientifici concreti e
soprattutto senza preparazione, in più in tempi di sopraggiunta dislessia per
l’elevato calore che gonfia e confonde le menti e rende dura la coordinazione
pensiero-dita, alcune supermamme capiscono quanto sia importante e utile scrivere.
Non solo bello, o difficile, o liberatorio, o esaltante... Utile.
Fin
da quando tenevano un diario annotando che l’estate era per loro odiata se non
nelle ore serali quando “la città rivive” e sperando di trovarlo conservato in
un preistorico museo, fin da quando scrivevano temi socialmente battaglieri per
la riapertura dell’area pedonale sotto casa, sin da quando facevano
adolescenziali voli pindarici mettendo in connessione il loro platonicissimo
amore con la pazzia di Orlando o la difficile esistenza di Pavese, fin da
allora scrivere risultava utile.
Sembrerà
strano a chi non ama questo genere di attività, ma per queste supermamme scrivere
è mettere in ordine, cercare di capire, creare senso dentro di sé, dare un nome
al mondo e agli avvenimenti, sfogo personale e collettivo, trasformazione del
pensiero in concretezza, urgenza, necessità.
Quando
non si capiscono, scrivono; quando hanno un dolore così forte da scoppiare,
prima non ce la fanno, ma poi scrivono; quando la gioia le pervade scrivono; se
vogliono fare il punto con sé, con gli amori, con le proprie creature,
scrivono; se vogliono essere capite meglio, dosare le parole, scrivono; se
vogliono sentirsi vive, scrivono; scrivono anche a Dio; a volte ai giornali,
alle amiche, ai loro alunni, a chi non c’è più...
Scrivere
per loro non è solo vergare le pagine, siano esse di carta o a cristalli
liquidi o le ancor più virtuali pagine web in cui magicamente tutto si trova
ovunque (e ancora non sanno bene bene come...); scrivere è sbrogliare la
matassa, o perlomeno tentare di farlo. E si accorgono che questo spesso le fa
stare bene. Almeno per un po’.
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