Come stambecchi saltellanti o pesanti marmotte affaticate, durante le gite montanare le supermamme si inerpicano su sentieri anticipate nei loro passi da cuccioli trotterellanti per cui la fatica non sembra esistere.
Salgono prima in macchina e già lasciano alle spalle un po’ di civiltà; fermano l’auto ad un punto e iniziano a proseguire a piedi, con bastoncini in mano e sulle spalle zaino, provviste, indumenti da aggiungere a strati, acqua e cioccolata per i momenti di calo zuccheri.
L’aria è sempre più fresca e frizzante; l’auto, ultimo barlume di modernità, sempre più lontana. I pensieri di una supermamma civilizzata e abituata alla città si affollano di imprevisti possibili, ferite e dissenterie improvvise, ma le gambe continuano ad avanzare su quelle praterie a duemila metri come da secoli e millenni le gambe delle supermamme dell’umanità. Pensano ai pericoli nascosti lassù per la propria prole, ma i bambini corrono sempre più avanti inseguendo marmotte fischianti, cercando fossili, squarciando il silenzio di lassù con le loro risate e grida gioiose; dimentichi di ogni possibile evento negativo, godono il tempo presente.
I pensieri piano piano si diradano; e le gambe continuano a marciare fino a che tutto quel cielo e quelle cime così vicine e quegli specchi d’acqua gelata e quell’aria così pura e quell’assenza di tutto le avvolge e le fa sentire in pace.
Pensano ad Heidi, a quanto le rassicurava con il suo ottimismo, quando la guardavano in tv da bambine, a quanto ancora piaccia ai propri figli, a quanto sarebbe bello poter conservare quello spirito pulito.
Pensano che quel mondo così lontano dalle cose di ogni giorno è molto vicino a Dio.
Lentamente quello che sembrava lontano e difficile da affrontare sembra di casa: quel tappeto verde giallo sotto i piedi, quelle rocce sbucanti qua e là, possibili tane di marmotte, quel nevaio poco distante (sembra), quell’abbeveratoio per mucche, tutto ora non è più alieno, neppure il freddo pungente ad agosto.
Così al rifugio si sentono più forti e serene e sorseggiano un tè caldo, e capiscono quel desiderio infantile degli apostoli di costruire tre tende e restare là per sempre…
Salgono prima in macchina e già lasciano alle spalle un po’ di civiltà; fermano l’auto ad un punto e iniziano a proseguire a piedi, con bastoncini in mano e sulle spalle zaino, provviste, indumenti da aggiungere a strati, acqua e cioccolata per i momenti di calo zuccheri.
L’aria è sempre più fresca e frizzante; l’auto, ultimo barlume di modernità, sempre più lontana. I pensieri di una supermamma civilizzata e abituata alla città si affollano di imprevisti possibili, ferite e dissenterie improvvise, ma le gambe continuano ad avanzare su quelle praterie a duemila metri come da secoli e millenni le gambe delle supermamme dell’umanità. Pensano ai pericoli nascosti lassù per la propria prole, ma i bambini corrono sempre più avanti inseguendo marmotte fischianti, cercando fossili, squarciando il silenzio di lassù con le loro risate e grida gioiose; dimentichi di ogni possibile evento negativo, godono il tempo presente.
I pensieri piano piano si diradano; e le gambe continuano a marciare fino a che tutto quel cielo e quelle cime così vicine e quegli specchi d’acqua gelata e quell’aria così pura e quell’assenza di tutto le avvolge e le fa sentire in pace.
Pensano ad Heidi, a quanto le rassicurava con il suo ottimismo, quando la guardavano in tv da bambine, a quanto ancora piaccia ai propri figli, a quanto sarebbe bello poter conservare quello spirito pulito.
Pensano che quel mondo così lontano dalle cose di ogni giorno è molto vicino a Dio.
Lentamente quello che sembrava lontano e difficile da affrontare sembra di casa: quel tappeto verde giallo sotto i piedi, quelle rocce sbucanti qua e là, possibili tane di marmotte, quel nevaio poco distante (sembra), quell’abbeveratoio per mucche, tutto ora non è più alieno, neppure il freddo pungente ad agosto.
Così al rifugio si sentono più forti e serene e sorseggiano un tè caldo, e capiscono quel desiderio infantile degli apostoli di costruire tre tende e restare là per sempre…
bella questa visione del camminare in montagna; originale e profonda
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