Certe donne di una volta vivono una vita intensa e piena: diventano supermamme giovanissime, sostengono diverse gravidanze, organizzano, cuciono, tagliano, inventano, cucinano con maestria, badano a figli, casa, giardino, gente che gira per casa, marito d’altri tempi, lavano, stirano, raccontano, affrontano i diversi tsunami della loro esistenza con forza e coraggio vacillando appena…
Anche la vecchiaia che avanza non le scompone, o le muta lentamente e la loro forza le aiuta. Fino a che un giorno qualcosa si inceppa.
La memoria le tradisce o, peggio, la loro mente galoppa lucida mentre occhi o orecchie o mani o gambe diventano nemici, ostacoli, e non riescono più a fare ed essere quello che prima facevano o erano.
I figli e i nipoti, indaffarati, intrappolati nei ritmi della società civile, difficilmente riescono da soli ad essere d’aiuto a quelle supermamme nonnine che si stanno trasformando.
Così intervengono eserciti di supermamme in carovane dall’est disseminate nei paesi d’Europa, che sognano un futuro roseo per i loro figli, vogliono che studino, che trovino un lavoro, che abbiano una vita dignitosa, che possano mangiare ogni giorno. E perciò queste donne accudiscono vecchie supermamme che prima non conoscevano, giorni e notti, con dedizione, la stessa che non possono riservare ai loro cuccioli, lontani per mesi o anni, che cambiano quotidianamente senza che loro li possano osservare, di cui conoscono la storia dai racconti di altri, di cui conservano foto risalenti a tre anni prima, che vorrebbero abbracciare, sentire, parlare, vedere, toccare. Ormai sono abituate a quella assurda lontananza, sono supermamme strane che sacrificano la loro vita e la loro essenza di madri per i propri figli, per aiutare i figli (grandicelli) di altre supermamme.
Si rendono conto che il tempo più bello però non torna indietro e lo dicono con consapevolezza, dignità, rammarico, forza, coraggio, mandando giù un boccone di lacrime nascoste dietro un saggio sorriso.
Anche la vecchiaia che avanza non le scompone, o le muta lentamente e la loro forza le aiuta. Fino a che un giorno qualcosa si inceppa.
La memoria le tradisce o, peggio, la loro mente galoppa lucida mentre occhi o orecchie o mani o gambe diventano nemici, ostacoli, e non riescono più a fare ed essere quello che prima facevano o erano.
I figli e i nipoti, indaffarati, intrappolati nei ritmi della società civile, difficilmente riescono da soli ad essere d’aiuto a quelle supermamme nonnine che si stanno trasformando.
Così intervengono eserciti di supermamme in carovane dall’est disseminate nei paesi d’Europa, che sognano un futuro roseo per i loro figli, vogliono che studino, che trovino un lavoro, che abbiano una vita dignitosa, che possano mangiare ogni giorno. E perciò queste donne accudiscono vecchie supermamme che prima non conoscevano, giorni e notti, con dedizione, la stessa che non possono riservare ai loro cuccioli, lontani per mesi o anni, che cambiano quotidianamente senza che loro li possano osservare, di cui conoscono la storia dai racconti di altri, di cui conservano foto risalenti a tre anni prima, che vorrebbero abbracciare, sentire, parlare, vedere, toccare. Ormai sono abituate a quella assurda lontananza, sono supermamme strane che sacrificano la loro vita e la loro essenza di madri per i propri figli, per aiutare i figli (grandicelli) di altre supermamme.
Si rendono conto che il tempo più bello però non torna indietro e lo dicono con consapevolezza, dignità, rammarico, forza, coraggio, mandando giù un boccone di lacrime nascoste dietro un saggio sorriso.
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