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Ospedale

Alcuni pagliacci dottori si aggirano per la corsia ma le supermamme pensano che proprio alla fine di quella settimana in cui si sentono stanche e provate per il lavoro e tutto il resto non vorrebbero vivere quel momento, non vorrebbero essere lì, a fianco di quel letto mobile con la loro creaturina vestita da gnomo verde con strani calzari e gli occhi smarriti. Gli stessi occhi loro che però stasera hanno indossato quelli della rassicurazione e della tranquillità e il sorriso del coraggio.
Ma sanno bene che mezz’ora, prima quando erano corse a casa in fretta per prendere pigiama e necessario – non si era mica calcolato quell’imprevisto per stasera, anzi veniva la baby sitter per il cinema – non capivano più niente della loro casa e la lucidità e la freddezza non esistevano più. Mosse affrettate automatiche senza pensieri.
E fuori da quella porta dove addormentate senza di loro i cuccioli freddamente vengono violati nella loro perfezione, anche se l’anestesista li teneva per mano, sono lì a parlare parlare e parlare per non pensare e non sentire niente.
Solo le supermamme sanno poi cos’è quella tensione che cala quando ti dicono che è andato tutto bene, e nessuna laurea o festa vale quanto quell’emozione mista a paura e confusione e a tutti gli altri sentimenti che erano sopiti ed ora saltano fuori in un pulsare di tempie. Le supermamme stanno lì, e vegliano, e ce la faranno anche questa volta. Sperano.

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